Il mese di Febbraio ha esordito, eccezionalmente di lunedì per gli impegni dei Relatori, con una affascinante serata sulla storia dello sport a Torino, dal suggestivo titolo “In mezzo scorre il fiume Storie e sport a Torino)”, dall’omonima opera di Mauro Berruto ed Elena Miglietti. Più conosciuto il primo, per essere stato CT della Nazionale di pallavolo maschile e CEO dell’Istituto Holden di Torino, attualmente parlamentare, meno la seconda, che è docente alla Scuola Holden, giornalista e scrittrice. Dal loro racconto, in cui si sono alternati come nei capitoli del libro, si evince che Torino è stata capitale delle attività di allenamento fisico, all’avanguardia anche nello sport, non solo nelle discipline ufficiali come la ginnastica, il canottaggio, la scherma, ma anche in quelle meno nobili, come il pallone elastico, le bocce e tante altre attività sportive, che venivano praticate nei cortili, nei giardinetti, nelle scuole, negli oratori. Al centro il fiume, lungo il quale sono sorte molte strutture sportive, Villa Glicini, prima sede della Reale Società Ginnastica Torino, la più antica società sportiva in Italia, e i circoli di canottaggio, e lungo il quale si estende il Parco del Valentino, nei cui viali e prati i torinesi praticano ancora oggi jogging, pattinaggio, ciclismo, calcio, pallavolo, ecc. Il libro inizia e si conclude con le citazioni da De Amicis, prima con “Amore e ginnastica”, del 1892, che parla della maestra Pedani cultrice di ginnastica, poi con “Gli azzurri e i Rossi”, del 1897, che fa diventare il pallone col bracciale (pallone elastico) protagonista del romanzo. La pratica sportiva a Torino nacque nell’800 grazie ai Savoia, per un’esigenza molto concreta, come ai tempi di Olimpia: allenare con la ginnastica i soldati, che provenendo dalle fasce più povere della popolazione non erano prestanti dal punto di vista fisico e piuttosto denutriti. Molte strutture erette nel passato non esistono più, come il gigantesco Stadium, che occupava 100.000 mq nell’area che va da Corso Vinzaglio a Corso Einaudi, abbattuto nel 1947, e l’ippodromo, che sorgeva nell’area di fronte alla Fiat lungo Corso Traiano. Altre fortunatamente sono state conservate e ristrutturate, come il Motovelodromo di Corso Casale, la stessa Villa Glicini, palestra per la ginnastica, trasferitasi in Via Magenta, poi sede del Club di Scherma Torino, adesso sede di mostre; i tanti circoli di canottaggio, Cerea (1863), Eridano (1868), Armida (1869), Caprera (1883), Esperia (1885); lo stadio Filadelfia, che tra alterne vicende e un periodo di grande abbandono, è risorto non molti anni fa. E qui il racconto si intreccia con le vicende del Toro e della Juve, le tragedie di Superga e di Meroni, lo stadio Comunale, ora Stadio Olimpico “Grande Torino”, la biblioteca del Toro, che non è la squadra più blasonata, ma la più ricca di letteratura, il Robaldo; la tragedia dell’Heysel, lo Stadium, grande esempio di come deve essere uno stadio per il calcio, e un museo sportivo, che come granata invidiamo molto, mentre il Museo del Grande Torino è collocato a Grugliasco, invece che nella sua sede naturale, il Filadelfia. E il ricordo di Don Aldo Rabino, che coniugò il suo spirito salesiano con la cultura dello sport per i giovani, negli oratori, nei campi di periferia, in Italia e in Brasile, dove si recò come missionario. La storia ci ricorda un calcio molto diverso da quello attuale, dove i calciatori del Toro vivevano nei quartieri popolari ed era comune vedere i giocatori della Juve attraversare a piedi via Filadelfia, perché al Combi, dove si allenavano, non c’erano gli spogliatoi. Oltre al pallone elastico (il nome Balon lo ricorda), esisteva tutta una serie di attività sportive popolari, alla mercè di tutti, e di luoghi aggreganti, come il nuoto nel Po dalle spiagge sulle sponde o nella piscina galleggiante, le bocciofile, il pattinaggio, la ginnastica all’aperto. Torino è anche la patria di John Vigna, alias Giovanni Vignarelli, che ideò il body bilding e fece scuola con le sue palestre. Lo sport comprende anche i motori: a Torino fu costruito il primo aereo tutto italiano e volò, prima al mondo su un aereo, una donna; Torino è stata la patria dell’auto e il Valentino ospitava un circuito automobilistico, ove guidò per la prima volta una donna, e un gran premio di formula 1, ad uno dei quali partecipò Ascari, nell’ultima sua gara prima di morire a Monza; sul Po partivano e ammaravano gli idrovolanti della linea Torino -Trieste. E che dire dell’equitazione (la Scuola di equitazione di Pinerolo), del pattinaggio (il Palavela, il PalaTazzoli) e della montagna (le imprese di Quintino Sella). Ce l’abbiamo così vicina che neppure ci ricordiamo di questa immensa risorsa per lo sci, l’alpinismo, le escursioni. E, per tornare ai tempi moderni, gli eventi internazionali, come le Olimpiadi di Torino 2006, le Universiadi, le ATP Finals, le Final Eights. Lo sport come la musica rappresenta un linguaggio universale che si pratica off-line, spegnendo cellulari, tablet e PC. Così l’inclusione dello sport nell’art. 33 della Costituzione, per il suo “valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico”, promosso da Mauro Berruto, è stata un passo importante e di grande attualità, ma purtroppo fonte di contraddizioni, se è vero che oltre il 50% delle scuole è privo di palestra e che nelle prime tre classi della scuola primaria non è prevista l’ora di ginnastica. Ancora due citazioni importanti: la manifestazione “Balun Mundial”, un campionato del mondo che vede protagonisti ragazzi e ragazzi delle comunità di migranti della città, di tutte le etnie e provenienze; il progetto di intitolare un luogo, una struttura sportiva ai “70 morti di maggio”, per ricordare insieme Superga e l’Heysel, due tragedie che accomunano i tifosi torinesi, granata e juventini.
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